XXXI Domenica T.O. – Anno A

+ Dal Vangelo secondo Matteo (23,1-12)

In quel tempo, Gesù si rivolse alla folla e ai suoi discepoli dicendo:
«Sulla cattedra di Mosè si sono seduti gli scribi e i farisei. Praticate e osservate tutto ciò che vi dicono, ma non agite secondo le loro opere, perché essi dicono e non fanno. Legano infatti fardelli pesanti e difficili da portare e li pongono sulle spalle della gente, ma essi non vogliono muoverli neppure con un dito.
Tutte le loro opere le fanno per essere ammirati dalla gente: allargano i loro filattèri e allungano le frange; si compiacciono dei posti d’onore nei banchetti, dei primi seggi nelle sinagoghe, dei saluti nelle piazze, come anche di essere chiamati “rabbì” dalla gente.
Ma voi non fatevi chiamare “rabbì”, perché uno solo è il vostro Maestro e voi siete tutti fratelli. E non chiamate “padre” nessuno di voi sulla terra, perché uno solo è il Padre vostro, quello celeste. E non fatevi chiamare “guide”, perché uno solo è la vostra Guida, il Cristo.
Chi tra voi è più grande, sarà vostro servo; chi invece si esalterà, sarà umiliato e chi si umilierà sarà esaltato».

Lectio Divina

“Allo stesso modo tutti siano chiamati frati minori”

Il brano paolino proclamato nella 2°lettura (1Ts2,7b-9.13) di questa liturgia domenicale ci ricorda innanzitutto che, ogni qualvolta leggiamo o udiamo la Sacra Scrittura, dovremmo chiedere la grazia di accoglierla come Parola di Dio perché la novità evangelica possa incidere nella nostra vita, soprattutto quando essa ci ferisce smascherando la nostra o altrui incoerenza. Anche noi, come la folla e i discepoli che attorniavano in quel giorno Gesù, abbiamo bisogno di “riascoltare la lezione” sia per esaminarci quando le nostre parole non si traducono nei fatti, sia per guardarci da coloro <<che dicono e non fanno>>.
La sapienza di questi brani biblici fa emergere come chi agisce per la gloria umana, finisca poi per rivelarsi un incoerente, mentre chi lascia operare il Vangelo nella sua esistenza, giunga a riconoscere che c’è un solo Dio e Creatore (cfr. 1°lett.). Egli infatti non va cercando cose grandi, né si presenta come un maestro per gli altri; non desidera la notorietà né il prestigio sociale, ma vive sereno e tranquillo come un bimbo svezzato in braccio a sua madre (v. salmo responsoriale 130) perché ha accolto bene la propria realtà di creatura. Anzi, lavora duramente per non gravare sugli altri e, prendendo su di sé il peso del Vangelo, lo annuncia con il dono della sua stessa vita. (v. 2°lett.). Per questo s. Francesco raccomanda:<< I frati che sanno lavorare, lavorino>> e, poco oltre, aggiunge con chiarezza che (solo) <<quando sarà necessario, vadano per l’elemosina.>> [cfr. FF24]
Circondati anche ai nostri giorni da certi personaggi che pretendono di farsi modelli e guide, rimaniamo in ascolto attento del Vangelo per poter comprendere il significato profondo delle affermazioni di Gesù, senza fermarci a letture superficiali o parziali. Eviteremo di deviare dalla via che l’unico vero Maestro ha già tracciato davanti a noi per insegnarci a tessere la trama dei rapporti fraterni nell’autenticità e a esercitare qualsiasi responsabilità comunitaria come un servizio. <<Voi dunque mi chiamate Maestro e Signore, e dite bene, perché lo sono. Se dunque io, il Signore e il Maestro, ho lavato i piedi a voi, anche voi dovete lavarvi i piedi gli uni agli altri>> (Gv13,13-14). San Francesco d’Assisi visse in prima persona e assimilò queste parole nel proprio cuore con così grande intensità da scrivere nella Regola non bollata: “E nessuno sia chiamato priore, ma tutti allo stesso modo siano chiamati frati minori. E l’uno lavi i piedi dell’altro.” [Fonti francescane 23]
Se metteremo in pratica queste cose, gusteremo la gioia di essere tutti fratelli e sorelle, o meglio, impareremo a diventarlo giorno dopo giorno.

Sr. Rosa Paola
Monastero di Vicoforte