+ Dal Vangelo secondo Marco (6,7-13)
In quel tempo, Gesù chiamò a sé i Dodici e prese a mandarli a due a due e dava loro potere sugli spiriti impuri. E ordinò loro di non prendere per il viaggio nient’altro che un bastone: né pane, né sacca, né denaro nella cintura; ma di calzare sandali e di non portare due tuniche.
E diceva loro: «Dovunque entriate in una casa, rimanetevi finché non sarete partiti di lì. Se in qualche luogo non vi accogliessero e non vi ascoltassero, andatevene e scuotete la polvere sotto i vostri piedi come testimonianza per loro».
Ed essi, partiti, proclamarono che la gente si convertisse, scacciavano molti demòni, ungevano con olio molti infermi e li guarivano.
Lectio Divina
TESTIMONI DI LIBERTÀ
Il Vangelo di questa domenica si trova tra due episodi di fallimento: il rifiuto di Gesù da parte dei compaesani a Nazareth e il racconto del martirio di Giovanni Battista. L’invio in missione si trova dunque tra due realtà di incomprensione della logica del regno: nel vangelo dopo una crisi c’è sempre una crescita dell’azione. Dovremmo accogliere così anche le nostre di crisi, senza spaventarci troppo, senza crisi non si cresce. Così fa Gesù, che non si stanca di annunciare il regno ma continua la sua missione e coinvolge in questo dinamismo anche i dodici. Siamo ancora nella prima metà del Vangelo di Marco, ma già il Signore invia i suoi. È la terza chiamata per i dodici e il testo dice che “cominciò a inviarli”. C’è un nuovo inizio nel cammino di fede dei discepoli e un nuovo atto di fiducia da parte di Gesù.
La missione dei dodici ha alcune caratteristiche importanti.
La prima è quella della fraternità. Non sono inviati singolarmente, ma in due. L’essere almeno in due era necessario perché la testimonianza potesse essere considerata veritiera (Dt 17,6 e Nm 35,30).
Inoltre, diceva Qoelet, “è meglio essere due che soli” (Qo 4,9). Non so se per noi vale lo stesso, certamente la fraternità comporta una dimensione di fatica ma Gregorio Magno ci ricorda che se il compendio di tutto il Vangelo è la carità, non si può annunciare questo principio da soli! Già il vivere da fratelli e sorelle diventa annuncio. Inoltre l’essere in due rappresenta una delle forme di tutela da un rischio molto grande, soprattutto nel nostro tempo, quello dell’annunciare se stessi. I guru vanno da soli e attirano a se, i discepoli del Signore, con la loro testimonianza fraterna, rimandano sempre a un terzo, che è Colui che permette la comunione.
Una seconda caratteristica di questa missione è il potere sugli spiriti impuri. Innanzitutto questo potere è dato da Gesù, non appartiene ai discepoli. Annunciare il Regno significa liberare e guarire l’uomo dalla propria inautenticità, liberarlo da tutto ciò che lo allontana da Dio, ciò che lo possiede e lo distoglie dalla relazione con Dio e con se stesso. Scacciare gli spiriti impuri significa permettere all’altro, e prima ancora a noi stessi, di tornare a vedere la realtà con gli occhi di Dio.
Una terza caratteristica è la povertà: unici elementi che si possono avere sono il bastone e i sandali.
Il bastone e i sandali ricordano diversi episodi dell’antico testamento, ma è importante soprattutto ricordare Esodo 12,11, dove si racconta la fuga del popolo dall’Egitto: con i fianchi cinti, i sandali ai piedi e il bastone in mano. Questo è importante perché, secondo la tradizione, Marco veniva letto interamente nella notte di Pasqua, in cui si fa memoria anche dell’Esodo e si celebra la liberazione dall’Egitto. Il bastone per i Padri è diventato simbolo del legno della croce. Esso dunque ricorda ai discepoli che il Signore libera e salva e questo sono chiamati ad annunciare. Esso rappresenta la fiducia in Dio, nella sua Parola, nel suo amore.
Così i sandali sono le calzature degli uomini liberi (cfr. Lc 15,22) L’invito è quello di vivere da uomini e donne liberi, prima di tutto dal peccato, e portare un annuncio di libertà.
Il sandalo inoltre è una calzatura leggera che si indossava per andare a un festa. Marco invita i suoi ad andare in missione come si va a un festa, che è quella della Pasqua ma che è anche quella del messaggero di lieti annunzi: come sono belli sui monti i piedi del messaggero che annuncia la pace, del messaggero di buone notizie (Is 52,7).
I discepoli obbediscono e partono. In realtà il participio “partiti” si potrebbe tradurre anche con “usciti”. Non si precisa da dove: ci potremmo vedere l’uscire da sé, che è il vero esodo che ciascuno di noi deve compiere per poter accogliere il vangelo e poter incontrare gli altri, guardandoli con gli occhi di Dio.
Questo l’invito di questa domenica, quello di uscire, per fare esperienza di quella Parola che conduce a una vera libertà e una fraternità autentica.
Sr. Anna Chiara – monastero di Bergamo