+ Dal Vangelo secondo Giovanni (15,4-10)
In quel tempo, Gesù disse ai suoi discepoli: «Rimanete in me e io in voi. Come il tralcio non può far frutto da se stesso, se non rimane nella vite, così anche voi se non rimanete in me. Io sono la vite, voi i tralci. Chi rimane in me e io in lui, fa molto frutto, perché senza di me non potete far nulla. Chi non rimane in me, viene gettato via come il tralcio e si secca, e poi lo raccolgono e lo gettano nel fuoco e lo bruciano.
Se rimanete in me e le mie parole rimangono in voi, chiedete quel che volete e vi sarà dato. In questo è glorificato il Padre mio: che portiate molto frutto e diventiate miei discepoli.
Come il Padre ha amato me, così anch’io ho amato voi. Rimanete nel mio amore. Se osserverete i miei comandamenti, rimarrete nel mio amore, come io ho osservato i comandamenti dei Padre mio e rimango nel suo amore».
Lectio Divina
Il vangelo scelto per la solennità della madre santa Chiara ci offre diverse piste di riflessione. Mi soffermo su due aspetti che mi pare emergano al termine della vita di Chiara: il “rimanere” nell’amore di Dio e la fecondità.
Chiara, giunta al termine della sua vita, è già ritenuta una santa, sia dalle sue sorelle e dai frati che dalla gente semplice e dalle autorità ecclesiastiche.
Eppure, se leggiamo le testimonianze del Processo di canonizzazione, ci rendiamo conto che forse anche lei, come ciascuno di noi, si è trovata a fare i conti con la paura della morte. Ella però ha saputo “rimanere” nell’amore del Signore e trasformare questo momento di lotta in una nuova sorgente di vita.
Leggiamo il testo dal Processo di canonizzazione:
Essendo la preditta madonna et santa madre presso alla morte, una sera de notte seguendo el sabato, essa beata madre incominciò a parlare, dicendo così: «Va’ secura in pace, però che averai bona scorta; però che quello che te creò, innanti te santificò; e poi che te creò, mise in te lo Spirito Santo e sempre te ha guardata come la madre lo suo figliolo lo quale ama». Et aggiunse: «Tu, Signore, sii benedetto, lo quale me hai creata». (ProcCan III, 20 – FF 2986)
E alle sorelle che le chiedono a chi sta parlando, Chiara risponde: «Io parlo a l’anima mia».
(ProcCan III, 22 – FF 2988)
Proviamo a leggere passo passo questo brevissimo testo.
È notte. Non solo concretamente, ma probabilmente anche nel cuore di Chiara. Sente la morte avvicinarsi e ha paura, come ciascuno di noi. Chiara si sente ora “insicura”, non più certa di quell’amore che ha avvolto tutta la sua vita. Era tutto vero? Capita anche a tutti noi, negli snodi cruciali della vita, di trovarci nel buio, di chiederci se tutto quello che ha retto la nostra vita è vero o no. Come Gesù di fronte alla morte in croce: la sfida finale è quella di essere veramente figli, percepire la propria vita radicalmente affidata al Padre.
E qui avviene un passaggio bellissimo, il passaggio della fede più grande che è capace di trasformare la debolezza in forza, come direbbe san Paolo.
Chiara prende un poco le distanze dall’angoscia che sta vivendo e instaura con la propria anima quello che oggi – in termini psicologici – definiremmo un “dialogo interno”. È come se si fermasse con tanta compassione verso se stessa ed iniziasse a rassicurarsi. E come avviene questa rassicurazione?
Facendo memoria, nello spazio di pochissimi flash, della sua intera storia d’amore con il Signore.
Puoi andare “sicura”, in pace… dice alla sua anima, puoi abbandonarti nuovamente a quell’abbraccio che ha sostenuto tutta la tua vita, perché avrai una “buona scorta”, una compagnia, una presenza al tuo fianco. Tornano qui in mente le parole della sua Benedizione alle sorelle: “Il Signore sia sempre con voi e ora voi siate sempre con lui”. Sì, il Signore è stato sempre con lei e ora lei compie il passo della fede che le permette di fidarsi ancora una volta. Lui è presente, anche nel buio della paura della morte.
Avrai una buona compagnia, perché colui che ti ha creata, già prima ti ha santificata, cioè ha posto in te lo Spirito Santo. È lo Spirito che rende santi, è un dono del Signore, non un “merito” nostro. E Chiara ne è del tutto consapevole! E questo Signore sempre “te ha guardata come la madre lo suo figliolo lo quale ama”. Chiara riesce nuovamente a richiamare al suo cuore la custodia del Padre delle misericordie. Quella custodia che lei stessa come madre delle sue sorelle ha saputo esprimere in tantissimi piccoli gesti quotidiani. Quel “guardare” credo possa essere inteso nel suo duplice significato: è la consapevolezza di uno sguardo posato su di sé, di un essere al centro di un’attenzione sollecita e piena di cura. E insieme dice il “custodire”, che prende una forza ancora maggiore nell’immagine così potente della madre che ama il proprio figlio. In punto di morte Chiara diventa pienamente figlia di Dio.
Qui davvero la sua umanità si assimila a quella di Cristo.
Infine, un’altra testimone riferisce che Chiara chiese alla sorella rimasta sola con lei: “«Vedi tu lo Re della gloria, lo quale vedo io?». E questo le disse più volte, e pochi dì da poi spirò”. (ProcCan IV,19 – FF 3017)
Il suo sguardo “ripulito” dal fare memoria della custodia amorosa del Signore la rende nuovamente capace di “vedere” (forse non tanto – o non solo – in senso fisico) la presenza del Signore accanto a lei. È lo sguardo contemplativo, che ci abilita a scorgere che Dio-è-con-noi sempre, anche nei momenti più bui e sofferti.
Così, fino alla fine, il tralcio buono della vita di Chiara saldamente innestato nell’amore del Signore, porta frutti di speranza e apre nuovi spazi di fecondità, che raggiungono anche noi oggi. Buona festa!
Sr. Emanuela Roberta – Monastero di Lovere