Sabato XI Settimana del Tempo Ordinario – Anno dispari

+ Dal Vangelo secondo Matteo (6,241-34)

In quel tempo Gesù disse ai suoi discepoli:
«Nessuno può servire due padroni, perché o odierà l’uno e amerà l’altro, oppure si affezionerà all’uno e disprezzerà l’altro. Non potete servire Dio e la ricchezza.
Perciò io vi dico: non preoccupatevi per la vostra vita, di quello che mangerete o berrete, né per il vostro corpo, di quello che indosserete; la vita non vale forse più del cibo e il corpo più del vestito?
Guardate gli uccelli del cielo: non séminano e non mietono, né raccolgono nei granai; eppure il Padre vostro celeste li nutre.
Non valete forse più di loro? E chi di voi, per quanto si preoccupi, può allungare anche di poco la propria vita?
E per il vestito, perché vi preoccupate? Osservate come crescono i gigli del campo: non faticano e non filano. Eppure io vi dico che neanche Salomone, con tutta la sua gloria, vestiva come uno di loro. Ora, se Dio veste così l’erba del campo, che oggi c’è e domani si getta nel forno, non farà molto di più per voi, gente di poca fede?
Non preoccupatevi dunque dicendo: “Che cosa mangeremo? Che cosa berremo? Che cosa indosseremo?”. Di tutte queste cose vanno in cerca i pagani. Il Padre vostro celeste, infatti, sa che ne avete bisogno.
Cercate invece, anzitutto, il regno di Dio e la sua giustizia, e tutte queste cose vi saranno date in aggiunta.
Non preoccupatevi dunque del domani, perché il domani si preoccuperà di se stesso. A ciascun giorno basta la sua pena».

Commento

San Francesco, nel Cantico delle Creature, loda Dio: tutto il creato con la sua bellezza rimanda a lui.

Il creato ci insegna qualcosa sull’amore del Padre, che ci accompagna anche quando non sappiamo scorgerlo. Il vangelo parla della semplicità di un uccello del cielo, a cui pure il cibo non manca; dell’eleganza di un giglio, così bello da far invidia ai sovrani più raffinati.

Ovviamente non è un invito a lasciare i nostri impegni, a non usare le nostre capacità e talenti, ma ad assumere uno sguardo nuovo, diverso.

Quello che raccogliamo non viene da noi, ma da Dio; ecco allora il valore della restituzione, l’importanza di non tenere per me i doni che ricevo, ma di metterli in circolo.

Preghiamo per non attaccare il cuore ai doni, ma al Donatore di ogni bene.

Dal “Calendario del Patrono d’Italia 2025” – Ed. Biblioteca Francescana – Milano