Mi è sempre piaciuto ascoltare. Ascoltare le persone, le situazioni… cercando il senso, le ragioni, le motivazioni, la verità più profonda oltre l’apparenza. Ascolto e ricerca mi sembrano due atteggiamenti buoni da esercitare in viaggio, nel cammino di ogni giorno. Ricordo ancora il titolo di un tema che ci aveva assegnato la maestra alle elementari: “Anche le cose possono parlare”. Mi si era aperto un mondo immaginando quale storia stesse dietro le cose e mi affascinava mettermi in ascolto di quelle narrazioni. Era come un’avventura: salpare verso mari lontani, esplorare territori sconosciuti… uscendo dal perimetro della Contea (come direbbe Tolkien) per attraversare la Terra di Mezzo.
Sono nata nel 1974 e sono cresciuta in una famiglia composta dai miei genitori, da un fratello e una sorella più piccoli, e con la presenza vicina dei nonni, zii e cugini, in un paese sulle colline della Brianza, dove più o meno tutti conoscevano tutti. Il mio orizzonte di bambina aveva i contorni delle morbide colline boscose che vedevo da casa ed era riempito dal volto dei miei familiari, dei miei compagni, degli amici e delle amiche dell’oratorio. Mi incuriosivano i racconti di luoghi lontani e mi immaginavo la vita di chi viveva in altre terre oppure era vissuto in epoche passate. Crescendo, l’orizzonte si è allargato, scollinando verso confini più ampi. Nuovi compagni, nuovi amici, e man mano si allargava il desiderio di una vita bella, piena, autentica.
Durante il tempo della scuola superiore ho vissuto con un’amica alcune esperienze di volontariato estivo con bambini che provenivano da situazioni familiari complicate, le cui storie erano già segnate da violenza e abbandono. Ascoltare il loro bisogno e prendermene cura è stato un dono grande che ho ricevuto. Ho percepito trasformarsi dentro di me una domanda che mi interpellava: dal perché fossi lì al per chi. Il volto di quei piccoli mi parlava in modo nuovo dell’amore del Padre. E così ho iniziato a conoscere un po’ più da vicino la verità di quel Dio di cui avevo sentito parlare fin da bambina. Gli anni dell’università hanno approfondito la ricerca. Lo studio della psicologia mi insegnava a mettermi in ascolto dell’uomo e di quanto si muove nel suo mondo interiore. E tante esperienze di fede, condivise con altri giovani, mi hanno aiutata a mettermi in ascolto della Parola e presenza di Dio. Gli incontri a livello locale o diocesano, la Scuola della Parola proposta dal Card. Martini, le serate missionarie, gli impegni in parrocchia, il volontariato, erano l’ordinario in cui si inseriva lo straordinario di momenti intensi e unici. Tra questi, la partecipazione alle GMG di Parigi e di Roma dove, tra una marea di giovani, ho percepito una parola rivolta a me in modo singolarissimo. O i corsi ad Assisi, che hanno segnato un punto di svolta nel cammino. L’incontro con Francesco prima e poi con Chiara mi ha regalato una prospettiva nuova per conoscere la verità e la bellezza di Dio e per sperimentare il suo amore. È stato un incontro personale: ero io davanti ad un Tu che voleva entrare in dialogo con me, che mi donava il suo amore. Davanti a quel dono così gratuito, totale e definitivo, ho compreso di non potere restare indifferente. In un momento notturno di preghiera durante un corso ad Assisi ci avevano proposto di confrontarci con il brano della lotta tra Giacobbe e Dio (Gn 32,23-33). È stato proprio così quel tempo: la scoperta di un amore che diventava una necessità, il sentire viva la libertà di una risposta, e insieme la paura e la resistenza. Tante voci sembravano sovrapporsi e rendevano difficile l’ascolto. Avevo concluso il corso di laurea in psicologia e stavo iniziando il lavoro che avrei potuto svolgere, ero impegnata in molte attività belle e coinvolgenti, avevo tanti amici, facevo quello che avevo scelto e che mi piaceva… eppure non bastava. Fondamentale è stato l’incontro con un padre spirituale che mi ha accompagnata nel discernimento. Più conoscevo Chiara, più ero affascinata dalla sua libertà, dalla sua vita piena, intensa: ho visto in lei la bellezza di una esistenza vissuta in pienezza nel suo essere donna e madre. Per una veglia di preghiera in occasione della festa di santa Chiara ero arrivata presso questo monastero di Milano. A poco a poco il desiderio e la ricerca prendevano forma. Scoprivo che la chiamata di Dio apre un cammino che, come quello di Abramo, parte dall’ascolto di una promessa e si lancia verso la ricerca di un compimento; o, come quello dei Magi, cercatori della verità, procede sotto la luce gentile e tenace di una stella. Dall’ingresso in monastero, nel 2001, ho toccato con mano come il Signore chiami nella concretezza della vita. A volte in momenti belli e di grazia, altre volte in passaggi più critici e sofferti, ho fatto esperienza della sua presenza e della sua misericordia, comprendendo come davvero «tutto concorre al bene per quelli che amano Dio» (Rm 8,28) e che ogni situazione può diventare occasione per conoscere la verità del proprio volto davanti al volto di Dio, quella verità che rende liberi (Gv 8,32).
Suor Maria Chiara
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