Lunedì della IV Settimana di Pasqua – S. Giuseppe Lavoratore

+ Dal Vangelo secondo Giovanni (10,11-18)

In quel tempo, Gesù disse:
«Io sono il buon pastore. Il buon pastore dà la propria vita per le pecore. Il mercenario – che non è pastore e al quale le pecore non appartengono – vede venire il lupo, abbandona le pecore e fugge, e il lupo le rapisce e le disperde; perché è un mercenario e non gli importa delle pecore.
Io sono il buon pastore, conosco le mie pecore e le mie pecore conoscono me, così come il Padre conosce me e io conosco il Padre, e do la mia vita per le pecore. E ho altre pecore che non provengono da questo recinto: anche quelle io devo guidare. Ascolteranno la mia voce e diventeranno un solo gregge, un solo pastore.
Per questo il Padre mi ama: perché io do la mia vita, per poi riprenderla di nuovo. Nessuno me la toglie: io la do da me stesso. Ho il potere di darla e il potere di riprenderla di nuovo. Questo è il comando che ho ricevuto dal Padre mio».

Commento

A volte siamo noi a complicare le cose. Dio ha creato tutto nella bellezza; tutto risplende della sua gloria e della sua bontà.

Ma a noi non sembra perfetto, né giusto. La malizia del nostro sguardo può sporcare ciò che è pulito, può ottenebrare ciò che ha in sé la luce di Dio. Non è una cosa da fare, eppure a volte non resistiamo: Dio ci sembra troppo ingenuo; se fosse per noi tutto andrebbe preso più seriamente. Così facciamo danni irreparabili.

Proviamo invece a stare alla realtà così come Dio ce la mostra. L’impuro, il male, non è altro che una purezza incompiuta; un bene velato, ancora da liberare da un po’ di polvere che lo ricopre. Invece noi ci lasciamo scoraggiare e lo buttiamo via, marchiandolo d’infamia.

Dal “Calendario del Patrono d’Italia 2023” – Ed. Biblioteca Francescana – Milano