Battesimo del Signore

+Dal Vangelo secondo Matteo (10,34-38)

In quel tempo, Gesù dalla Galilea venne al Giordano da Giovanni, per farsi battezzare da lui.
Giovanni però voleva impedirglielo, dicendo: «Sono io che ho bisogno di essere battezzato da te, e tu vieni da me?». Ma Gesù gli rispose: «Lascia fare per ora, perché conviene che adempiamo ogni giustizia». Allora egli lo lasciò fare.
Appena battezzato, Gesù uscì dall’acqua: ed ecco, si aprirono per lui i cieli ed egli vide lo Spirito di Dio discendere come una colomba e venire sopra di lui. Ed ecco una voce dal cielo che diceva: «Questi è il Figlio mio, l’amato: in lui ho posto il mio compiacimento».

Lectio Divina

Gesù dalla Galilea si reca in Giudea. C’è stato un lungo silenzio dall’infanzia di Gesù fino a quest’ora: la Galilea è il luogo dove Gesù ha vissuto la sua giovinezza, ha imparato a leggere le sante Scritture, a diventare uomo maturo di circa trent’anni (cf. Lc 3,23). Egli si è assoggettato alle tappe della crescita umana e spirituale obbedendo alle leggi e al ritmo della vita. E’ necessaria una Galilea, un tempo quotidiano che prepari una manifestazione, un tempo di gestazione e di silenzio per una rivelazione. Gesù chiede a Giovanni di ricevere l’immersione nelle acque del Giordano, mettendosi in una fila di
peccatori che vogliono professare la volontà di conversione, di ritorno a Dio. Questo è l’atto di presentazione di Gesù adulto, il suo primo atto pubblico. Gesù è il Messia, il Salvatore di Israele, il Figlio di Dio venuto nel mondo, ma la sua prima manifestazione è nell’abbassamento, nello svuotamento. Egli, che non ha bisogno di un battesimo per la remissione dei peccati, essendo lui senza peccato (cf. 2Cor 5,21; Eb 4,15), si annovera tra i peccatori, come accadrà anche nella sua morte in croce tra due malfattori (cf. Mt 27,38; Mc 15,27). Gesù è “il Messia al contrario”, perché contraddice ogni logica umana che vuole che la venuta di Dio avvenga nella gloria e nella potenza. Si mette in fila con i peccatori ed entra nel mondo dal punto più basso, perché nessuno lo senta lontano, nessuno si senta escluso. Dio in Gesù ci raggiunge lì dove neppure noi osiamo andare a toccare il nostro peccato, la nostra fragilità. Scende dal cielo e abbraccia la nostra umanità ferita.
Di fronte all’esitazione di Giovanni, Gesù gli risponde che proprio questo è l’ordine giusto: «lascia fare… perché conviene che adempiamo ogni giustizia». La giustizia per Gesù è il compimento del piano di Dio, l’ingiustizia è il peccato, l’inganno. Lui restituisce vita a noi peccatori, oltre ogni merito o colpa commessa, rompe ogni pretesa di giustificazione umana. La nuova giustizia per Gesù consiste in questo ribaltamento che annulla la distanza tra il Puro e gli impuri, tra Dio e l’uomo. Lui raccoglie con cura meticolosa tutto ciò che noi scartiamo, gli stracci della nostra povertà, le piaghe del nostro dolore, i pesi che non riusciamo a portare, le infamie che non vogliamo riconoscere.
Gesù viene dunque immerso da Giovanni nel Giordano, e mentre esce dalle acque – avendo compiuto questo momento pasquale di morte e resurrezione a vita nuova, profezia della sua Pasqua–, ecco giungere su di lui, proprio allora, la parola definitiva di Dio: “Questi è il mio Figlio, l’amato: in lui ho posto il mio compiacimento”. È la prima volta che il Padre parla, confermando Gesù come il Figlio.

Figlio è la prima parola. Dio genera figli e i generati hanno il cromosoma del genitore nelle cellule; c’è il DNA divino in noi, «l’uomo è l’unico animale che ha Dio nel sangue«(G. Vannucci). Quella stessa voce è scesa sul nostro Battesimo e ci ha dichiarati figli, i quali non da carne né da volere di uomo ma da Dio sono stati generati ( Gv 1,13). Battesimo significa immersione: siamo stati immersi dentro la Sorgente, ma non come due cose separate ed in fondo estranee, come il vestito e il corpo, ma per diventare un’unica cosa, come l ‘acqua e la Sorgente, come il tralcio e la Vite.

Amato è la seconda parola. Prima che tu agisca, prima della tua risposta, che tu lo sappia o no, ogni giorno, ad ogni risveglio, il tuo nome per Dio è l'”amato”. Di un amore immeritato, che ti previene, che ti anticipa, che ti avvolge da subito, a prescindere. Ogni volta che penso: «se oggi sono buono, Dio mi amerà», non sono davanti al Dio di Gesù, ma alla proiezione delle mie paure! Gesù, nel discorso d’addio, chiede per noi: «Sappiano, Padre, che li hai amati come hai amato me». Mio compiacimento: la voce grida dall’alto del cielo, grida sul mondo e in mezzo al cuore, la gioia di Dio: è bello stare con te. Attraverso Gesù lo dice anche a me, che non l’ho ascoltato, che me ne sono andato, che l’ho tradito.
Questa è l’esperienza del nostro battesimo: per Dio noi siamo figli amati. Sia la consapevolezza che ci abita, imparando a custodire nella preghiera la vita nuova che scaturisce da questo amore.

Sorelle Clarisse di Bergamo