Ascensione del Signore – Solennità

+  Dal Vangelo secondo Marco (16,15-20)

In quel tempo, [Gesù apparve agli Undici] e disse loro: «Andate in tutto il mondo e proclamate il Vangelo a ogni creatura. Chi crederà e sarà battezzato sarà salvato, ma chi non crederà sarà condannato. Questi saranno i segni che accompagneranno quelli che credono: nel mio nome scacceranno demòni, parleranno lingue nuove, prenderanno in mano serpenti e, se berranno qualche veleno, non recherà loro danno; imporranno le mani ai malati e questi guariranno».
Il Signore Gesù, dopo aver parlato con loro, fu elevato in cielo e sedette alla destra di Dio.
Allora essi partirono e predicarono dappertutto, mentre il Signore agiva insieme con loro e confermava la Parola con i segni che la accompagnavano.

Lectio Divina

Andate e proclamate, per generare la Vita

La conclusione deuterocanonica del Vangelo di Marco ci regala un evento generativo di vita: oggi non festeggiamo un assente, ma la presenza di Gesù, pienezza di tutte le cose, continua a fecondare la realtà.
Tutto questo ci può sorprendere perché nel versetto immediatamente precedente alla pericope odierna Gesù aveva “rimproverato gli Undici per la loro incredulità e durezza di cuore, perché non avevano creduto a quelli che lo avevano visto risorto” (cfr. Mc 16,14). Ma nonostante la severità del rimprovero e la constatazione della fragilità e dell’inadeguatezza dei discepoli, Gesù li invia per una missione di portata enorme: «Andate in tutto il mondo e proclamate il Vangelo a ogni creatura» (Mc 16,15). Segni potenti accompagnano questa missione, ma tutti sono subordinati alla fede dei portatori dell’annuncio; quindi, i testimoni del Vangelo di Gesù devono essere prima di tutto degli umili credenti, dei peccatori che, ad ogni passo, si scoprono figli amati e perdonati. Dal calore della fede e dalle reazioni incredule dipenderà il futuro di ciascuno, la sua felicità, oppure il suo essere condannato a vivere in un mondo dove dominano le perverse ragioni del male e della morte.
Se guardiamo più da vicino i segni che “accompagnano quelli che credono” (cfr. Mc 16,17) e che custodiscono il tesoro del Vangelo nella fragile creta della loro vita, ci accorgiamo che essi disegnano una nuova mappa delle relazioni con se stessi e con gli altri e sono profezia di una pacifica coesistenza per la paziente edificazione della civiltà dell’amore.
Scacciare i demoni non significa unicamente compiere un esorcismo, ma combattere ogni giorno la forza del male che soffoca e distrugge la vita.
Parlare nuove lingue vuol dire cercare senza stancarsi mai nuovi linguaggi perché il Vangelo possa giungere a tutti; nella nostra vita di ogni giorno parlare lingue nuove ci insegna a comunicare con gli altri in modo nuovo, a trovare parole e gesti per manifestare l’amore che Dio ha per ciascuno.
Prendere in mano serpenti e non essere danneggiati dal veleno può esprimere l’impegno a non lasciarci contagiare da tutto ciò che intossica e inquina i rapporti. Chi porta la gioia del Vangelo riesce a non essere disturbato dal veleno del pettegolezzo e del chiacchiericcio, come ci ripete sovente papa Francesco. Chi vive una profonda comunione con il Signore non è scalfito da questi terribili pericoli.
Per quanto riguarda l’imposizione delle mani sui malati e la loro guarigione, è necessario fare una precisazione: la traduzione più esatta è “avranno del bene”. Allora, “imporre le mani” è offrire una carezza a chi è malato, escluso, emarginato, sofferente,… per accogliere e condividere, risollevare e amare.
Dopo questa esortazione, il Signore Gesù se ne va. L’annuncio del Vangelo in tutto il mondo è affidato ai suoi discepoli per sottolineare la realtà di una storia che ora è, in un certo senso, in mano a noi, alla nostra responsabilità, alla nostra fede e obbedienza, e anche, inevitabilmente, alla nostra fragilità. Ma il Signore non ci abbandona: Egli siede alla destra del Padre come segno di speranza per il destino dell’intera umanità e ci sostiene con la forza dello Spirito. Il desiderio che ci resta in cuore è quello di vivere nella serena consapevolezza della nostra minorità per portare a tutti, con umile letizia, le fragranti parole del Vangelo.

Probabilmente santa Chiara d’Assisi amava questa solennità che contemplava ogni giorno, ad ogni ora del giorno, sulla cimasa del Crocifisso di San Damiano. Facciamo nostra la sua preghiera: “Attirami dietro a Te, correremo al profumo dei tuoi unguenti, o sposo celeste! Correrò e non verrò meno, finché Tu mi introduca nella cella del vino, finché la tua sinistra sia sotto il mio capo e la destra felicemente mi abbracci e Tu mi baci con il felicissimo bacio della tua bocca” (FF 2906).

Nadiamaria, sorella povera – M0nastero di Lovere